Meditazione con l’arte

L’immagine che vediamo sotto è tratta da una delle splendide tarsie lignee incastonate nei trentuno dossali che ornano la sagrestia della chiesa di san Francesco. La magnifica opera di intaglio venne commissionata da parte di Fra Giacomino da Botticino all’artista Francesco da Soresina. Terminato nel 1511, l’impressionante lavoro costituisce, per simbologie, dettagli e conservazione, uno dei più alti esempi di intaglio rinascimentale giunto a noi pressoché intatto. Delle tante scene rappresentate, oggi analizziamo questa.

Apparentemente può sembrare banale, in realtà centra pienamente il tema dell’Evangelo di questa domenica. Gesù guarisce un cieco provocando lo scandalo tra i farisei per il gesto compiuto tanto che quest’ultimi si mettono a interrogare anche i genitori del miracolato.

“… Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo».”

(Gv 9,1-41)

Il centro dell’episodio non è tanto il solo miracolo fisico, l’acquisizione della vista, ma piuttosto la conversione interiore, la vista della Fede che si apre nel cuore dell’uomo. Infatti, quando Gesù torna da lui, dopo aver saputo ciò che stavano facendo i farisei, gli domanda se crede e lui risponde con forza: «Credo, Signore!».

Ciò che preme al Signore quindi non è solo quello di dare la salvezza del corpo a questo uomo ma anche e specialmente quella dello spirito. Solo credendo nel suo Amore veramente noi tutti siamo in grado di allontanare le ombre del nostro egoismo, le tenebre delle nostre paure che ci rinchiudono in noi stessi.

Infatti, quando siamo al buio come prima cosa cerchiamo di accendere una luce, per i più tecnologici la torcia del cellulare, in modo da vedere dove stiamo camminando e se ci sono ostacoli sulla nostra via. Nell’epoca in cui sono stati realizzati questi stalli lignei ovviamente non c’era l’elettricità, ci si serviva delle candele.

La lampada appesa che vediamo simboleggia proprio questo: la vera luce che illumina le mie debolezze e rende tutto più chiaro anche difronte alle difficoltà buie del mio quotidiano è Gesù. Questa luce, tuttavia, possiamo vederla solo se lasciamo aperto uno spiraglio nel nostro cuore. Come osserviamo nell’opera, la lampada è aperta tramite un piccolo sportellino che permette di far passare il chiarore della candela. Senza ossigeno , senza aria, la fiamma si spegne, senza di Lui tutto diviene duro, arido, buio. Lo stesso san Paolo, nella lettera agli Efesini che si legge nella Messa di oggi ricorda proprio questo: “Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce;”

Il Beato Papa Giovanni Paolo I, in una delle sue udienze del mercoledì, parlò di questa poesia scritta dal poeta romano Trilussa:

“Quella vecchietta cieca, che incontrai
la notte che me spersi in mezzo ar bosco,
me disse: – Se la strada nun la sai,
te ciaccompagno io, ché la conosco.
Se ciai la forza de venimme appresso,
de tanto in tanto te darò ‘na voce,
fino là in fonno, dove c’è un cipresso,
fino là in cima, dove c’è la Croce…
Io risposi: – Sarà … ma trovo strano
che me possa guidà chi nun ce vede … –
La cieca allora me pijò la mano
e sospirò: – Cammina! – Era fa Fede.

L’invito libero che il Signore ci dice proprio oggi è dunque quello di credere in lui che è luce del mondo. Aprendoci gli occhi, continua a farci vedere, continua a illuminare i nostri passi, continua a stare al nostro passo in questo cammino verso la Pasqua, ci tiene per mano come noi teniamo in mano questa lampada per rischiarare il cammino della nostra vita. Ci accompagna donandoci quella “vecchietta cieca” che, con coraggio ci invita a camminare, ci invita ad avere, nelle salite, nei colpi di vento che possono spegnere la nostra fiamma, Fede in Lui!

Mattia Tridello