Fra Giacomo Bulgaro

Beato Padre Dionisio Vicente Ramos

Beato Dionisio Padre Vicente (1871-1936)

Beato Dioniso Vicente

Dionisio Vicente Ramos nacque a Caudé, in Spagna, nel 1871. A quindici anni decise di farsi frate e fu mandato in Italia per gli studi. A Roma venne ordinato sacerdote nel 1894 e l’anno seguente conseguì la laurea in teologia. Insegnò filosofia nel seminario di Bagnoregio e poi collaborò nell’attività parrocchiale a Civitavecchia e ad Anzio. Infine trascorse sette anni a Loreto, come confessore nel santuario.
Nel 1912 tornò in Spagna, nel convento di Granollers, e vi rimase fino al 1930. Insegnava latino, greco, storia, letteratura e geografia in una scuola pubblica e nel seminario. Era molto apprezzato dagli studenti e contemporaneamente si dedicava con zelo alla predicazione e al ministero del confessionale nella chiesa del convento e nelle parrocchie dei dintorni.

Nel 1930 il Padre generale dell’Ordine lo inviò a Brescia. Da un anno i frati erano ritornati a vivere in quell’antico convento dal quale erano stati allontanati nel 1797 in seguito alla soppressione degli Ordini religiosi. La nuova comunità bresciana era costituita da una quarantina di frati e chierici studenti. Il Ministro generale voleva garantire al seminario francescano di Brescia un’équipe di prima qualità e per questo volle inserire p. Dionisio nel corpo docente, benché fosse a conoscenza di una sua malattia agli occhi.
P. Dionisio giunse a Brescia il 13 aprile, accompagnato da un giovane frate spagnolo. Il portinaio del convento, Giacomo Bulgaro, nel suo diario segnalò:

“Era il 13 aprile 1930, di domenica, una giornata piovosa. Verso sera, alle sette circa, alla porta del monastero si fermò una carrozza e ne discesero due Padri dell’Ordine di San Francesco. Uno era giovane e l’altro un po’ più avanzato di età. Il giovane aveva accompagnato a Brescia quel venerando Padre che poi doveva essere il Maestro e la guida della piccola Pecorella. Al vederlo, il mio cuore si sollevò ad alti sentimenti di devozione”.

Giacomo viveva in convento da 16 mesi, in attesa d’essere ammesso al noviziato. Prestava servizio in portineria, si rendeva utile nelle pulizie del convento e della chiesa, rattoppava le scarpe dei frati e dei poveri. Nel diario racconta:

“Dal tempo dell’arrivo a Brescia di padre Dionisio fino all’inizio del mio noviziato, cioè da aprile ad agosto, l’anima mia si innamorava di lui. Alla fine di luglio capii che avrei presto cominciato il noviziato, ma ancora non sapevo chi sarebbe stato il mio Maestro. Un giorno, sul mezzodì, quando i Padri uscivano dalla chiesa dopo aver recitato le ore canoniche, questo venerando Padre mi disse: “Giacomo, è arrivato da Roma l’ordine di ammettervi al Noviziato”. Non posso esprimere il gaudio dell’anima mia quando seppi che il Maestro era proprio lui, si chiamava padre Dionisio Vicente. L’anno di noviziato l’ho passato bene, sotto la forza ferrea del padre Maestro”.

Non solo Giacomo, ma tutta la comunità apprezzava molto p. Dionisio che, dalle testimonianze giunte a noi, era un uomo di preghiera intensa, retto e difensore della giustizia, laboriosissimo e di volontà tenace. Era tenuto in grande considerazione per la sua maturità spirituale e per la vasta cultura classica che possedeva. Tra l’altro, padroneggiava alla perfezione la lingua latina e nell’insegnamento sapeva suscitare l’interesse degli alunni.
Per l’anno di noviziato Giacomo avrebbe dovuto trasferirsi ad Assisi. Poiché aveva ormai 51 anni, la comunità domandò al Padre generale di consentirgli di fare il noviziato a Brescia: fu concesso e p. Dionisio fu scelto come suo maestro, incaricato di formarlo alla vita francescana. Il padre maestro lo seguì effettivamente con grande impegno e con “forza ferrea”, attento ai suoi difetti e saggio nei consigli. In un biglietto che fra Giacomo scrisse nel 1933 al suo maestro, tornato ormai in Spagna, è detto:
“Padre, La ringrazio di tutto quello che ha fatto per me. Che cosa mai sarei diventato se Lei avesse adoperato con me dei mezzi contrari a quelli che ha usato?”.

Ogni giorno, dopo il pranzo, p. Dionisio dava lezioni di spiritualità a fra Giacomo. Poi lo invitava ad uscire con lui per una breve passeggiata nelle vie cittadine. Fra Giacomo lo accompagnava volentieri perché, scrisse nel diario, quelle camminate erano impregnate di “continue conversazioni spirituali. L’anima mia, innamorata delle sue sante istruzioni, lo interrogava e lo interrompeva su quanto sentiva, e si nutriva ai campi ubertosi della celeste Gerusalemme”.

Tra p. Dionisio e fra Giacomo sbocciò una grande amicizia spirituale, evidenziata nel diario:

“Il mio buon Maestro mi amava moltissimo e anch’io lo amavo con tutta la devozione. Il Signore lo ha scelto tra tutti per diventare guida della sua pecorella”.

Il noviziato si concluse il 23 agosto 1931 con la professione religiosa di fra Giacomo. Per un altro anno p. Dionisio restò nel convento di Brescia, ma ormai la cecità progressiva lo rendeva inabile all’insegnamento. Fu richiamato in Spagna e partì da Brescia il 20 agosto 1932. Fra Giacomo fissò nel diario:

“Lo accompagnai alla stazione e, sotto la tettoia, in mezzo alla moltitudine di spettatori, mi inginocchiai con le lacrime agli occhi chiedendo per l’ultima volta la sua benedizione, perché non l’avrei più riveduto su questa terra. Salì sul treno, lo seguii con lo sguardo fino a che la corsa vertiginosa me lo tolse dalla vista”.

Fra Giacomo conservò sempre una profonda riconoscenza al suo padre maestro, per il quale ogni giorno recitava tre Ave Maria. Qualche volta gli scrisse, ma poi non gli fu più concesso.
Intanto padre Dionisio nel convento di Granollers occupava le sue giornate nel confessionale e nella preghiera, rammendava indumenti e rilegava libri.

Il martirio

Allo scoppio della guerra civile spagnola, la sera del 19 luglio 1936 i frati di Granollers dovettero disperdersi e nascondersi presso famiglie amiche. P. Dionisio trovò scampo nell’ospedale cittadino, diretto dalle suore carmelitane. Pregava tutto il giorno. Il 31 luglio fu scoperto ed arrestato dal Comitato rivoluzionario. Dovette salire sul furgone della morte, incolpato d’essere “frate”. Una suora dell’ospedale osò affrontare i rivoluzionari: “Non vedete che è anziano e cieco?”. Ridendo le risposero: “Fra poco gli faremo noi un’operazione che subito curerà la sua vista!”. Con fra Tarcisio Remon, ch’era stato ricoverato nello stesso ospedale per le percosse subite in prigione, fu condotto fuori città, nella località Els Tres Pins e lì venne fucilato. I proiettili gli furono sparati come per crocifiggerlo, come chiodi alle mani, ai piedi e al costato. Il proprietario di una cascina vicina attestò che l’agonia di p. Dionisio fu lunga e lancinante. Per circa tre ore chiese aiuto, tra contorsioni e grida, ma nessuno osò avvicinarsi, tanto era il panico diffuso tra la gente. Il suo corpo, rimasto per tre giorni insepolto, il due agosto fu gettato in una fossa comune a circa 5 chilometri da Granollers. Quando la notizia giunse a Brescia, fra Giacomo registrò nel diario:

“L’anima del Padre Maestro, accompagnata dagli angeli, saliva in paradiso tra le schiere dei martiri della fede del Signore, additando a me la via per seguirlo”.

P. Dionisio è stato beatificato dal Papa l’11 marzo 2001.