Scrivono su fra Giacomo Bulgaro…

Nel suo recentissimo libro “Il mio presepe” l’omaggio di papa Francesco a Gesù (Pane del Cielo, di Vita e del Cammino) incrocia idealmente la teologia del pane di fra Giacomo Bulgaro che gemellò Brescia e Betlemme, “la casa del pane”.
di Gianluigi Goi

Domenica 28 gennaio 2024, come da tradizione nell’ultima domenica di gennaio, a Brescia, nella Chiesa di san Francesco, si celebra una messa a ricordo di fra Giacomo Bulgaro, frate minore conventuale (1879-1967), riconosciuto Venerabile, con decreto del 28 novembre 2019, da papa Francesco. Le spoglie, in quella che è stata la sua chiesa e la sua casa, riposano in una bella e ariosa cappelletta che invita alla sosta, alla meditazione e alla preghiera.

Fra Giacomo Bulgaro (Nota 1 e Nota 2) è stato un frate esemplare per umiltà di vita, preghiera continua e obbedienza ai superiori declinata a livelli assoluti. Nei 39 anni (entrò nel 1928) trascorsi nel convento bresciano fino alla morte avvenuta nel 1967, è stato l’indiscusso protagonista di una sua personale “teologia del Pane”: una teologia molto vissuta, per anni quotidiana, quanto poco parlata. Una teologia intrisa di essenzialità che si è fatta omelia di vita pur nel nascondimento più severo che richiama, facendoli emergere, valori umani, etici e religiosi di grande momento e significato anche per i giorni nostri. Un vero campione dell’elemosina del pane che si è espresso con gli strumenti della sobrietà, della condivisione e della giustizia (Nota 2). Non è un caso quindi che i giovani francescani, i cosiddetti “fratini”, in una preghiera riportata in un santino senza data ma abbastanza recente, ammirati e fiduciosi lo testimonino come “Fra Giacomo, frate di preghiera / di silenzio e di servizio ai poveri”.

Durante le appena trascorse festività natalizie ho letto con attenzione e grande interesse il libro di papa Francesco “Il mio presepe” (Nota 3) che, in filigrana secondo una definizione cara a quel grande esegeta e scrittore che è il cardinale Gianfranco Ravasi, partendo dalla descrizione dei personaggi del Natale tema del libro, dà conto delle problematiche centrali del suo pontificato, quali la difesa della vita in tutte le sue espressioni, degli ultimi, degli scartati, della ricerca e difesa della pace e della salvaguardia del Creato.

Date le premesse, il capitolo intitolato “Il gusto del pane” (Nota 3 p. 71) ha calamitato la mia attenzione e offerto spunti di approfondimento e di riflessione in quanto provengono direttamente dalla cattedra più importante in assoluto, quella del pontefice romano. Fin da subito le parole di papa Francesco mi hanno richiamato alla memoria la straordinaria esperienza di fra Bulgaro che seppe trasformare il suo convento bresciano in una sorta di piccola Betlemme, “la città del pane”.

Di qui l’idea – certo un poco azzardata, del tutto personale, nelle intenzioni il meno arbitraria possibile e temperata dall’ammirazione per questo frate scolasticamente incolto ma capace, come è stato scritto e documentato, (Nota 1 p. 237) “di comunicazione vivida, di poesia, di originalità (e) stupisce la finezza dei sentimenti espressi” – di raccogliere sul tema del “pane” le indicazioni e i suggerimenti, a dir poco preziosi, di Papa Francesco così come avrebbe potuto farlo lo stesso fra Giacomo. A questo punto ci permettiamo quindi di riportare una serie di indicazioni e di suggerimenti espressi da papa Francesco che inquadrano molto favorevolmente, ci sembra di poter dire, quella che per noi è “la teologia del pane” di fra Giacomo partendo geograficamente proprio da là dove è materialmente nata (a Betlemme, la Città del pane) per arrivare ai giorni nostri dove al pane – purtroppo – ai suoi molteplici valori, umani, etici e religiosi, non è dato lo spazio e il riconoscimento che meriterebbe.

Papa Francesco ci indica con chiarezza la strada: (Nota 3 p. 16). A Betlemme … . … Chiamati stanotte a salire a Betlemme, casa del pane, chiediamoci: qual è il cibo della mia vita, di cui non posso fare a meno? E’ il Signore o è altro? Poi, entrando nella grotta, scorgendo nella tenera povertà del Bambino una nuova fragranza di vita, quella della semplicità, chiediamoci: ho davvero bisogno di molte cose, di ricette complicate per vivere? Riesco a fare a meno di tanti contorni superflui, per scegliere una vita più semplice?> Sono domande importanti alle quali ciascuno di noi è chiamato a rispondere con senso di responsabilità anche collettivo e non solo personale. Da parte sua fra Giacomo, nato poverissimo e altrettanto vissuto per scelta interiore, non avrebbe dubbi. < A Betlemme – continua papa Francesco – accanto a Gesù, vediamo gente che ha camminato, come Maria, Giuseppe e i pastori. Gesù è il Pane del cammino>. (Nota 3 p. 71). In tipico stile bergogliano è una affermazione secca, senza se e senza ma: a me personalmente piace molto e sono convinto che nell’aldilà, dal suo “forno celeste” dove lo immagino intento a servire pane di tutti i tipi a quanti lo richiedano, fra Giacomo applauda convintamente. Il ‘suo’ Gesù è proprio il “Pane del cammino”, cioè della vita che si esprime nel movimento. Spiega, didascalico ma altrettanto determinato, papa Francesco: (Gesù) . Fra Bulgaro – rispondo io – lo ha fatto tutti i giorni!

<Andiamo dunque fino a Betlemme: così dissero e fecero i pastori. Pure noi, Signore, vogliamo venire a Betlemme. La strada, anche oggi, è in salita: va superata la vetta dell’egoismo, non bisogna scivolare nei burroni della mondanità e del consumismo. Voglio arrivare a Betlemme, Signore,perché è li che mi attendi. E accorgermi che Tu, deposto in una mangiatoia, sei il pane della mia vita. Ho bisogno della fragranza tenera del tuo amore per essere, a mia volta, pane spezzato per il mondo>. (Nota 3 p. 72).

Nel capitolo intitolato “La stalla” (Nota 3 p. 75) papa Francesco sottolinea che …<entrando in questo mondo il Figlio di Dio trova posto dove gli animali vanno a mangiare. Il fieno diventa il primo giaciglio per Colui che si rivelerà come ‘il pane disceso dal cielo’ (Gv 6,41). Una simbologia che già sant’Agostino, insieme ad altri Padri, aveva colto quando scriveva. <Adagiato in una mangiatoia, divenne nostro cibo> (Serm. 189,4). E prosegue: <Betlemme è la svolta per cambiare il corso della storia. Lì Dio, nella casa del pane, nasce in una mangiatoia. (Nota 3 p.77).Come a dirci: eccomi a voi, come vostro cibo. Non prende, offre da mangiare; non dà qualcosa, ma se stesso. … Il corpicino del Bambino di Betlemme lancia un nuovo modello di vita: non divorare e accaparrare, ma condividere e donare, Dio si fa piccolo per essere nostro cibo. Nutrendoci di Lui, Pane di vita, possiamo rinascere nell’amore e spezzare la spirale dell’avidità e dell’ingordigia. Dalla ‘casa del pane’, Gesù riporta l’uomo a casa, perché diventi familiare del suo Dio e fratello del suo prossimo. … Il Signore sa che abbiamo bisogno ogni giorno di nutrirci. Perciò si è offerto a noi ogni giorno della sua vita, dalla mangiatoia di Betlemme al cenacolo di Gerusalemme. E oggi ancora sull’altare si fa Pane spezzato per noi. Bussa alla nostra porta per entrare e cenare con noi. A Natale riceviamo in terra Gesù, Pane del cielo: è un cibo che non scade mai, ci fa assaporare già ora la vita eterna>. (Nota 3 p. 78) … <Ma il Natale – continua poco oltre Bergoglio – ha soprattutto un sapore di speranza perché, nonostante le nostre tenebre, la luce di Dio risplende. … Nasce a Betlemme, che significa ‘casa del pane’. Sembra così volerci dire che nasce come pane per noi; viene alla vita per darci la sua vita; viene nel nostro mondo per portarci il suo amore. Non viene a divorare e a comandare, ma a nutrire e a servire. Così c’è un filo diretto che collega la mangiatoia e la croce, dove Gesù sarà pane spezzato: è il filo diretto dell’amore che si dona e ci salva, che dà luce alla nostra vita, pace ai nostri cuori>. (Nota 3 p. 81).

I pastori, i primi a vedere Gesù: è il titolo di altre importanti riflessioni di papa Francesco che ci accompagnano alla conclusione. I primi a vedere la gloria umile del Salvatore, dopo Maria e Giuseppe, furono i pastori di Betlemme. Riconobbero il segno annunciato loro dagli angeli e adorarono il Bambino. Quegli uomini umili ma vigilanti sono esempio per i credenti di ogni tempo che, di fronte al mistero di Gesù, non si scandalizzano della sua povertà, ma, come Maria, si fidano della parola di Dio e contemplano con occhi semplici la sua gloria> (Nota 3 p. 89) …<A loro – pagani, peccatori e stranieri – l’angelo dice: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”>. (Nota 3 p. 90).Per le miserrime condizioni economiche e sociali che si trovò sulle spalle già alla nascita, accostare la condizione di fra Bulgaro a quella dei pastori è un gioco facile, ma è altrettanto vero che la sua grandissima fede lo portò a “vigilare” e a “vegliare” con grande attenzione e immediatezza come fecero i pastori e lui, la voce festante dell’angelo che annunziava la venuta del Salvatore – ne sono convinto – l’ha sentita più volte.

La conclusione, sempre con le parole di papa Francesco, ha il sapore ammaliante e un poco misterioso di una leggenda che Bergoglio definisce “graziosa”: <Una graziosa leggenda narra che, alla nascita di Gesù, i pastori accorrevano alla grotta con vari doni. Ciascuno portava quel che aveva, chi i frutti del proprio lavoro, chi qualcosa di prezioso. Ma, mentre tutti si prodigavano con generosità, c’era un pastore che non aveva nulla. (Nota 3 p.93).Era poverissimo, non aveva niente da offrire. Mentre tutti gareggiavano nel presentare i loro doni, se ne stava in disparte, con vergogna. A un certo punto san Giuseppe e la Madonna si trovarono in difficoltà a ricevere tutti i doni, tanti, soprattutto Maria, che doveva reggere il Bambino. Allora, vedendo quel pastore con le mani vuote, gli chiese di avvicinarsi. E gli mise tra le mani Gesù. Quel pastore, accogliendolo, si mise tra le mani Gesù. Quel pastore, accogliendolo, si rese conto di aver ricevuto quanto non meritava, di avere tra le mani il dono più grande della storia, Guardò le sue mani, quelle mani che gli parevano sempre vuote: erano diventate la culla di Dio. Si sentì amato e, superando la vergogna, cominciò a mostrare agli altri Gesùperché non poteva tenere per sé il dono dei doni. Caro fratello, cara sorella, se le tue mani ti sembrano vuote, se vedi il tuo cuore povero di amore, questa notte è per te. E’ apparsa la grazia di Dio per risplendere nella tua vita. Accoglila e brillerà in te la luce del Natale>. (Nota 3 p. 94)

Per quanto conosco della sua vita e della sua indefessa e nascosta operosità, quelle mani inondate dalla luce del Salvatore, pur in compagnia di altrettanto meritevoli, sono quelle di fra Giacomo Bulgaro. Da lui impariamo, cominciando da me, a spezzare il pane insieme: saremo migliori.

Nota 1- P. Lucio Condolo, Vita di Fra Giacomo Bulgaro Frate Minore Conventuale 1879-1967-Fondazione Civiltà Bresciana, Brescia, 1998

Nota 2 – Gianluigi Goi, Come l’umiltà e l’obbedienza di fra Giacomo Bulgaro (minore conventuale 1879-1967) “gemellarono” Brescia e Betlemme, la “città del pane”- Convento San Francesco Brescia

Nota 3 – Papa Francesco, Il mio presepe. Vi racconto i personaggi del Natale- Libreria Editrice Vaticana / Piemme, 2023